Atalanta di John William Godward

Il mito di Atalanta

Breve introduzione al mito di Atalanta

Il mito di Atalanta ha come protagonista una tra le figure della mitologia classica che maggiormente rappresenta l’archetipo della donna  indipendente, emancipata e coraggiosa.

Come spesso accade nei miti, il mito di Atalanta è riportato in maniera disomogenea e talvolta contrastante da fonti diverse.

Tra queste è annoverato Apollonio Rodio che, nelle sue Argonautiche, riporta Atalanta come unica donna tra gli eroi al seguito di Giasone nella spedizione verso la Colchide a bordo della nave Argo.

Noi qui seguiremo in particolare i due celebri episodi narrati da Ovidio nelle sue Metamorfosi :

  1. la caccia al cinghiale Calidonio insieme a Meleagro, il principe protagonista di un infausto mito (libro VIII);
  2. la corsa con Ippomene che darà poi origine alla metamorfosi che segna il capitolo finale della storia di Atalanta (libro X).

Tuttavia desideriamo inquadrare questi due episodi all’interno della storia complessiva di questa eroina mitologica in modo da darne una visione unitaria.

Partiamo dunque subito con la storia di Atalanta e poi passeremo alle curiosità e alle riflessioni che questo mito ci regala.

La storia di Atalanta

C’era una volta nella lontana Arcadia, una bellissima principessa di nome Atalanta. Viveva con il re, suo padre, ma non era sempre stato così.

L’abbandono e i primi anni tra i boschi

Mattina in una pineta di Ivan Shishkin
Mattina in una pineta di Ivan Shishkin

Il re, affetto da una grave forma di misoginia, voleva solo figli maschi, così abbandonò Atalanta quando era appena nata sulla cima di un monte.
Qui la piccola principessa fu soccorsa da un’orsa.
Allattata da mamma orsa Atalanta ricevette in dono una velocità fulminea e un prodigioso coraggio.
La bambina crebbe poi tra i boschi accolta da una famiglia di cacciatori che le insegnò l’uso delle armi.
Si narra che una volta, accaldata dopo una battuta di caccia, desiderando rinfrescarsi, colpì una roccia con la sua lancia facendone zampillare una sorgente.

Fanciullezza

Diana come personificazione della notte di Anton Raphael Mengs
Diana come personificazione della notte di Anton Raphael Mengs

Divenuta fanciulla, Atalanta pareva alla vista come la sua dea protettrice Artemide: portava i capelli raccolti in un sol nodo, la faretra pendente su una spalla a custodire le frecce, l’arco saldo nella mano sinistra e la veste corta a lasciar liberi i movimenti mostrando le atletiche forme.
La selvatica Atalanta aveva un aspetto che si sarebbe detto femminile in un ragazzo e maschile in una fanciulla.
Ma non solo nell’aspetto ella somigliava alla silvestre dea della caccia Artemide: Atalanta ne aveva colto anche il temperamento audace.
Così, quando un giorno vagando tra i boschi due centauri ebbero l’infausto intento di aggredirla, la spietata Atalanta scagliò i suoi dardi uccidendo i due centauri senza scomporsi.

Atalanta diventa donna

Quando fu ormai donna, desiderando sapere se continuare a vivere libera tra i boschi o prender marito, si recò dall’oracolo:
“Atalanta, non hai bisogno di un marito! Devi evitare di sposarti, se non ci riuscirai perderai te stessa pur rimanendo viva.”

Udita la sentenza, Atalanta si votò alla dea vergine Artemide e senza perder tempo a cercar marito si gettò nelle più eroiche avventure.
Unica donna tra valorosi guerrieri, prese parte alla spedizione con gli argonauti per la conquista del vello d’oro. Qui conobbe il principe Meleagro il quale si innamorò segretamente di lei.

La storia di Meleagro

Caccia di Meleagro e Atalanta di Rubens
Caccia di Meleagro e Atalanta di Rubens

Meleagro era figlio di Eneo, re degli Etoli di Calidone, e di sua moglie Altea.

Il destino di Meleagro tessuto dalle Parche

Le tre Parche di Paul Thumann
Le tre Parche di Paul Thumann

Quando Altea era ancora stremata dal parto, le Parche si misero al lavoro col destino di Meleagro.
Le Parche erano tre sorelle che misuravano la vita dei mortali con l’aiuto di un filo che la prima filava decidendo la nascita, la seconda avvolgeva definendo gli eventi della vita e il matrimonio, e la terza tagliava allorché sopraggiungeva la morte.
Tenendo tra le dita le fila del destino del neonato Meleagro, le Parche misero sul fuoco un pezzo di legno e andandosene formularono questo verdetto:
“Meleagro, quando questo legno sarà completamente bruciato la tua vita terminerà.”
Altea di corsa riuscì a strappare il ceppo alle fiamme e lo nascose in uno scrigno.
Così Meleagro, mentre la madre custodiva il legno, crebbe e si distinse con onore tra gli argonauti.

Un castigo di Artemide

Tornato in patria Meleagro scoprì che il regno del padre era devastato da una terribile bestia. Si trattava di un enorme cinghiale. Era più grosso di un toro e sprigionava fulmini dal muso e fuoco dagli occhi distruggendo tutti i campi e le greggi. Era stato inviato dalla divina Artemide come castigo a Eneo per essersi scordato di consacrarle le primizie del raccolto.

La caccia al cinghiale

Così il principe Meleagro, per vincere il cinghiale, chiamò in aiuto i più valorosi eroi da tutta la Grecia. Tra questi vi era Atalanta, unica donna e per questo osteggiata da molti dei convenuti e in particolare da due fratelli di Altea. La coraggiosa Atalanta fu la prima a colpire il cinghiale. Gli altri cacciatori non riuscirono nemmeno a scalfire l’animale, molti morirono durante la caccia, ma alla fine Meleagro riuscì a finire la bestia indebolita per ferita inferta da Atalanta.

Il prestigioso trofeo

Così il principe offrì alla bella guerriera la pelle e il muso del cinghiale per dividere la gloria dell’eroica impresa.
Questo gesto mandò su tutte le furie i due zii di Meleagro che reclamavano per sé, in quanto uomini, il prestigioso trofeo. Ne nacque un conflitto che portò all’uccisione dei due zii da parte di Meleagro. La madre Altea, impazzita dalla rabbia per l’uccisione dei propri fratelli per mano del suo stesso figlio, prese il ceppo del destino di Meleagro e lo gettò tra le fiamme. Ma non appena Meleagro morì, Altea, resasi conto di ciò che aveva fatto, si tolse la vita.

Il padre di Atalanta si pente

Dopo la caccia al cinghiale Calidonio, si diffuse ovunque la voce della coraggiosa impresa di Atalanta.
Fu così che il re, padre di Atalanta, udite le eroiche gesta della figlia, la rivolle con sé.
Tuttavia, pur avendo cambiato idea su Atalanta, il re non cambiò idea sulle donne e così impose alla figlia di sposarsi.
L’algida Atalanta pose però le sue condizioni. Così, risoluta, disse al re:
“Padre, sposerò l’uomo che mi batterà nella corsa: colui che mi supererà mi avrà come sposa, ma chi sarà vinto troverà la morte

La competizione tra Atalanta e Ippomene

Atalanta e Ippomene di Guido Reni
Atalanta e Ippomene di Guido Reni

Atalanta sapeva di essere velocissima e che nessun uomo al mondo avrebbe mai potuto essere più veloce.
Così, quando già parecchi pretendenti, attratti dalla straordinaria bellezza di Atalanta, ne avevano assaggiato il pugnale per aver perduto, si diffuse ovunque la fama di quella fanciulla che non correva, bensì volava come se avesse le ali ai piedi.

Uno sfidante interessante

Un giorno un bellissimo giovane giunse ad assistere alle gare. Il suo nome era Ippomene e discendeva da Nettuno, dio dei mari.
Il ragazzo dapprima prese per folli i pretendenti che sfidavano l’atletica fanciulla. Quando però scorse Atalanta ne rimase incantato e concepì subito per lei un desiderio che nulla avrebbe mai potuto spegnere.

Entra in scena Venere

La Venere addormentata di Giorgione
La Venere addormentata di Giorgione

Così il coraggioso Ippomene sfidò l’indomabile Atalanta, ma non prima di aver invocato l’aiuto di Venere. La dea dell’amore diede al bel giovane tre mele dorate spiegandogli come usarle.
Ippomene avanzò al cospetto della bella Atalanta e guardandola negli occhi la sfidò con queste parole:
“Misurati con me. Se sarò io a trionfare allora non ti dispiacerà di essere stata vinta da me, discendente da Nettuno. Se invece sarai tu la favorita dalla fortuna, riceverai grande e imperitura fama dall’aver vinto Ippomene.”
Atalanta turbata dalla bellezza del giovane disse tra sé:
“Oh se il fato ostile non mi avesse negato il matrimonio saresti stato tu l’unico sposo che avrei desiderato!”

Le mele dorate

Atalanta e Ippomene di Nicolas Colombel
Atalanta e Ippomene di Nicolas Colombel

La competizione iniziò al suono delle trombe.
I due giovani, protesi in avanti, scattarono con piedi veloci che sfioravano appena il terreno.
A meta ancora lontana, Ippomene già col il fiato corto, lanciò la prima mela.
Atalanta, incantata dal frutto dorato, deviò il percorso per coglierlo e Ippomene approfittò per volare in testa tra le grida del pubblico eccitato.
Ma subito la veloce Atalanta recuperò lo svantaggio.
Ippomene lanciò allora il secondo frutto e di nuovo tra gli applausi della folla esaltata superò la ragazza.
Anche questa volta il vantaggio del giovane durò poco. Così, quando ormai la meta era vicina, Ippomene lanciò la terza mela invocando ancora una volta l’aiuto di Venere.
Atalanta esitò se andare a cogliere la terza mela, ma la dea dell’amore la spinse ad andare ancora una volta e rese il pomo dorato così pesante che, per la fatica di portarlo, la fanciulla perdette la gara e il vincitore, acclamato dalla folla, ebbe il suo premio.

Atalanta si sposa

Il matrimonio tra Atalanta e Ippomene di Louis de Boullogne
Il matrimonio tra Atalanta e Ippomene di Louis de Boullogne

Così, per somma gioia del re, Atalanta andò in sposa al suo Ippomene.
Ma questo, preso dalla felicità, dimenticò di ringraziare Venere. Così la risentita dea dell’amore pensò a una punizione esemplare.

Il finale del mito di Atalanta

Atalanta e Ippomene di Sebastiano Marsili - foto di Sailko
Atalanta e Ippomene di Sebastiano Marsili – foto di Sailko

Un giorno i due sposi stavano passeggiando vicino al santuario di Cibele, dea della natura e lì si fermarono a riposare.
Allora la vendicativa Venere scatenò in Ippomene un irrefrenabile desiderio. Il giovane, con la sua Atalanta, si saziò d’amore nel santuario.
Ma a quella profanazione Cibele, in preda all’ira, trasformò i due amanti: i loro colli prima lisci si coprirono di criniere, le braccia divennero zampe, le dita artigli e le voci ruggiti.
Ippomene e Atalanta divennero così due leoni temuti da tutti e domati solo dalla dea Cibele il cui carro continuano a portare.

Così si compì la profezia dell’oracolo: Atalanta sposandosi aveva perso se stessa pur rimanendo viva.

Curiosità

Ora che conosciamo la storia della nostra eroina, possiamo gustarci alcuni particolari del mito.

Gli animali del mito di Atalanta

Il mito di Atalanta si apre e si chiude con due figure di animali: mamma orsa e i due leoni.

Mamma orsa

L’orso è l’animale della dea Artemide (Diana per i romani) cui la giovane Atalanta era votata. Artemide era infatti la dea vergine della caccia che viveva selvaggia tra i boschi e proteggeva le donne guerriere come lei indipendenti dal giogo dell’uomo.

Artemide era sorella gemella di Apollo e figlia di Zeus e Latona. Fu la prima dei gemelli a nascere e appena venuta al mondo aiutò la madre Latona a partorire il piccolo Apollo. Per questo Artemide era anche la dea protettrice del parto e della maternità.

Mamma orsa allatta i suoi piccoli e insegna loro, con tenerezza e ferocia, a procurarsi il cibo. Si tratta quindi di uno dei simboli di madre natura.

Ne “Il libro dei simboli” edito da Taschen leggiamo:

“A nove anni le bambine ateniesi erano affidate alla dea-orsa Artemide. Danzando nella foresta con indosso pelli d’orso entravano in contatto con la loro natura più selvaggia mentre scoprivano  i misteri femminili della fertilità e della nascita.”

I leoni

Fontana di Cibele a Madrid - foto di Juanedc
Fontana di Cibele a Madrid – foto di Juanedc

Pare che nell’antichità i greci credessero che i leoni non si unissero tra loro, bensì con i leopardi. Questo sarebbe il senso del castigo ai due amanti Ippomene e Atalanta per aver profanato il tempio di Cibele consumandovi il loro amore.

Secondo la leggenda quindi da quel momento il carro di Cibele è portato dai leoni.

È curioso notare che il leone è anche il veicolo della analoga divinità del pantheon induista: Durga.

Durga divinità che cavalca un leone
Durga divinità che cavalca un leone

Solitamente infatti nell’iconografia indiana ogni divinità ha un animale che assolve la funzione di simbolo e veicolo (cavalcatura) del dio stesso.

Il parallelismo tra l’antica divinità anatolica Cibele e la divinità induista Durga è stupefacente. Venerate come “Madre divina“, sono entrambe manifestazione dell’ambigua forza creatrice e distruttrice della natura.

Il doppio

Anche nel mito di Atalanta, come nella maggior parte delle narrazioni, troviamo il tema del doppio, il cd Doppelgänger (già incontrato da noi in altre declinazioni ne “Il giro del mondo in 80 giorni” , nel mito di Eco e Narciso e nel mito di Amore e Psiche). Qui lo vediamo nella specularità tra la mortale principessa Atalanta e la sua dea protettrice Artemide. L’eroina del nostro mito, come abbiamo visto, prenderà le sembianze e le inclinazioni della selvaggia dea della caccia.

Ma ancora vediamo il tema del doppio, non più in chiave speculare, bensì nella chiave di opposti, nelle due dee artefici del destino di Atalanta e cioè Artemide e Venere (o Afrodite per i greci). Mentre Artemide è una dea vergine che basta a se stessa, Venere vive la sensualità in maniera totalizzante e colleziona una serie di relazioni amorose.

Artemide dona ad Atalanta l’indipendenza, mentre Venere fa sì che Atalanta perda proprio questa indipendenza perdendo così anche se stessa come aveva predetto l’oracolo.

Le mele dorate

La scrittrice e psicologa americana Jean Bolen nel suo Le dee dentro la donna. Una nuova psicologia femminile analizza in chiave psicologica le varie figure della mitologia classica. La Bolen scorge nelle tre mele d’oro del mito di Atalanta la metafora della possibile evoluzione psicologica della donna indipendente:

  1. la prima mela starebbe a significare la consapevolezza del tempo che passa
  2. il secondo pomo sarebbe la metafora del desiderio di intimità dell’amore
  3. l’ultima mela rappresenterebbe la procreazione e la creatività.

Possiamo più o meno aderire a questa lettura metaforica del simbolo delle mele dorate. D’altronde una delle peculiarità delle antiche narrazioni è che si prestano a una molteplicità di interpretazioni.

Altri significati del mito di Atalanta

Il mito di Atalanta ci regala altre metafore e significati.

Ad esempio nelle parole dell’oracolo “se ti sposerai perderai te stessa” e nella conseguente metamorfosi di Atalanta potremmo scorgere la metafora del matrimonio come potenziale pericolo per l’individualità della donna.

Nell’incontro tra Atalanta e Ippomene è possibile vedere la dinamica che talvolta, soprattutto nella fase del corteggiamento, si instaura nelle coppie e cioè quella di mettere alla prova il partner.

Il mito di Atalanta raccontato ai bambini

Gianni Rodari
Gianni Rodari

Gianni Rodari nel sul libro Atalanta ha portato il mito di Atalanta ai bambini. Rodari ha raccontato la storia come una favola eliminando le parti più violente o sensuali e dando spazio all’interno della narrazione ad altri miti classici come quello di Giasone e Medea, nonché quello di Teseo, Arianna e del Minotauro. Ne è venuto fuori un libretto godibilissimo anche per gli adulti.

Il mito di Atalanta ispira scienza e sport

Nel corso della storia il fascino del mito di Atalanta ha ispirato non solo letterati intellettuali e artisti, bensì anche illustri esponenti delle più disparate discipline.

La farfalla di Linneo

farfalla Vanessa Atalanta
farfalla Vanessa Atalanta

Il naturalista svedese Carlo Linneo (1707 – 1778) inventò il sistema che classifica tutti gli animali e le piante mediante due nomi che designano uno il genere e l’altro la specie dell’essere vivente. Si trattò di una invenzione decisiva per le scienze naturali in quanto, per la prima volta, tutti i biologi condividevano regole fisse che consentivano una mappatura, una visione d’insieme della totalità degli esseri presenti in natura. Così tutti i successori di Linneo poterono continuarne il lavoro attribuendo “nomi e cognomi” alle nuove creature scoperte.

Ebbene, proprio questo illustre scienziato, ispirato dal mito di Atalanta, diede il nome di Vanessa Atalanta a una particolare farfalla vivacemente colorata che abita nelle zone temperate del globo.

La squadra di calcio

Atalanta Calcio 1913 -14
Atalanta Calcio 1913 -14

La celeberrima squadra di calcio di Bergamo fondata nel 1907, l’Atalanta Bergamasca Calcio, deriva il proprio nome proprio dalla velocissima eroina della mitologia classica. Per questo motivo la squadra bergamasca è detta “la Dea” (anche se sappiamo che nel mito Atalanta non era una dea).

Il video sul mito di Atalanta

Se vuoi goderti la narrazione del mito di Atalanta avvolto dalla musica di Wagner, Beethoven e Mozart, gustando anche opere d’arte che questa storia ha ispirato nei secoli, ti invito a vedere il video sul canale YouTube di Libriazonzo che trovi qua sotto.

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